L'ultimo fronte è il referendum sul Jobs act promosso dalla Cgil. Ma il copione si è ripetuto (e si ripete) su Ucraina, sulla giustizia, sulla gestazione per altri e sulla Rai, così come sul nome della leader nel simbolo. La segretaria del Pd esprime una posizione? Nel partito, inevitabilmente, viene fuori almeno un'altra linea che la contesta. Un problema con cui Elly Schlein si trova costretta a fare i conti da quando è stata eletta alla tolda del Nazareno. Ma che negli ultimi mesi ha assunto dimensioni più evidenti, anche per via dello spostamento a sinistra che la segretaria ha impresso al partito.
La non-firma
Non è insomma un caso che Schlein alla fine abbia preferito non firmare il refenerendum per cancellare il Jobs Act di Matteo Renzi per cui sta raccogliendo sottoscrizioni il segretario della Cgil Maurizio Landini, nonostante più volte avesse rivendicato la propria contrarietà a quella legge. E nonostante fosse strattonata da sinistra: «Il Pd faccia i conti con gli errori del passato», l'ammonimento che le ha rivolto Nicola Fratoianni.
Ed ecco che il problema, già emerso con l'invio di armi a Kiev (sostenuto dal partito ma contro cui si battono due candidati dem di punta alle Europee, Marco Tarquinio e Cecilia Strada) si ripropone. Quello di "due Pd". Con due agende e due linee spesso in contrasto. Schlein finora ha mostrato di non preoccuparsene troppo: «Siamo l'unico partito in cui c'è una discussione vera, non un capo che decide per tutti», la linea della segretaria. «Chi guida deve ascoltare e poi fare sintesi».
I nodi
Eppure i nodi continuano a tornare al pettine. Oltre al Jobs act e all'Ucraina, un'altra faglia su cui si è accesa la discussione in vista delle Europee è stata quella del nome della leader nel simbolo. Con la fazione pro-modifica del logo che alla fine ha capitolato. Prima ancora era emersa la battaglia sull'abuso d'ufficio. Col grosso dei parlamentari contrari all'abolizione proposta dal ddl del Guardasigilli Carlo Nordio e la quasi totalità dei sindaci dem, invece, a favore.
E ancora: la maternità surrogata e la gestazione per altri. Con la segretaria da una parte (a favore) e i cattolici del partito dall'altra (contro, in maggioranza). Così come sulla Rai, con i vertici dem intenzionati a organizzare una sorta di Aventino in protesta con la linea della tv di stato che hanno ribattezzato teleMeloni. E un pezzo della minoranza che invece si oppone, facendo notare che restare fuori dalla governance di viale Mazzini non gioverebbe alla causa dei dem. Nulla di nuovo sotto al sole, obietta qualcuno: non è una novità che nel Pd le divisioni tra correnti abbiano sempre prodotto discussioni e polemiche interne. Eppure, replica qualcun altro, in questi mesi il coro è stato più stonato del solito, in casa Pd. Nel giro Schlein, però, sono pronti a scommettere: molto dipenderà dal risultato delle Europee. Se i dem faranno bene, è l'azzardo, la segretaria avrà maggiori margini di manovra. E pur salvaguardando il confronto interno, potrà imprimere più forza alle proprie scelte. Senza timori di vedersi contestata a ogni passo.