Israele-Hamas, il doppio peso per la libertà. Se le soldatesse ostaggio valgono molto più dei civili

Colpisce la sperequazione prevista dalle trattative in corso

Israele-Hamas, il doppio peso per la libertà. Se le soldatesse ostaggio valgono molto più dei civili
di Marina Valensise
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Lunedì 6 Maggio 2024, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 14:56

Non sappiamo se l’accordo annunciato tra Hamas e Israele sulla liberazione degli ostaggi israeliani prigionieri dal 7 ottobre delle milizie palestinesi andrà a buon fine, ma colpisce la sperequazione prevista dalle trattative in corso. Stando alle indiscrezioni trapelate sulla stampa saudita, nella prima fase dell’accordo, per sei settimane dovrebbero venire rilasciati tre civili al giorno (donne, bambini, ragazzi minori di 19 anni, adulti malati o feriti). In cambio della liberazione di ogni ostaggio israeliano, detenuto a Gaza nelle mani di Hamas, dovrebbero essere liberati 20 palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane, con pene detentive inferiori ai dieci anni. Dunque un ostaggio israeliano per venti prigionieri palestinesi. La proporzione verrebbe a raddoppiare nel caso del rilascio di soldati donna israeliani. Per la liberazione di ciascuna delle soldatesse di Tsahal, ostaggio a Gaza di Hamas, sarebbero rilasciati ben 40 palestinesi prigionieri nelle carceri israeliani, di cui 20 con condanne inferiori ai dieci anni e 20 con condanne superiori ai dieci anni di carcere. Dunque le donne soldato israeliane ostaggio di Hamas valgono il doppio rispetto ai civili che si trovano nella stessa condizione. È la cinica microfisica della guerra in corso, guerra asimmetrica, non dichiarata, tra entità ontologicamente diverse, dove le milizie palestinesi del terrore minacciano l’esistenza stessa di uno stato democratico, l’unico in Medio Oriente. Israele è uno dei pochi Paesi al mondo in cui la leva militare è obbligatoria per tutti i cittadini, uomini e donne, anche se per le donne è limitata alla sola etnia ebrea e dura soli 24 mesi, invece di 32.

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LA COSCRIZIONE

Prima ancora della creazione dello Stato, sin dai tempi del mandato britannico, le donne ebbero un ruolo di primo piano, integrate nelle forze paramilitari dell’Haganah, la milizia clandestina ebraica, prima di diventare parte integrante dell’Idf nel 1948, con la leva militare obbligatoria decretata da Ben Gurion per tutte le donne senza figlie nate tra il 1920 e il 1930.

Fino a trent’anni fa, però, le donne nell’esercito erano confinate in compiti ausiliari (unità amministrative, radiotelefoniste), finché nel 1995 una sentenza della Corte suprema non le ha autorizzate a seguire corsi per pilotare gli aerei di caccia. Nel 2000 una legge sulla parità dei diritti ha portato alla piena equiparazione di uomini e donne nelle forze armate, tant’è che, stando ai dati dell’Israel Democracy Institute, tra il 2013 e il 2017 il numero di donne nelle unità combattenti sarebbe aumentato del 350 per cento. Oggi nell’esercito israeliano le donne soldato costituiscono quasi il 20 per cento delle forze di combattimento dell’esercito dello Stato ebraico, anche se stando alle statistiche incontrano non pochi ostacoli nell’integrare le unità speciali. È noto che alla vigilia del pogrom di Hamas del 7 ottobre, le soldatesse israeliane erano di vedetta sul confine di Gaza e, secondo recenti ricostruzioni, pare che alcune avessero segnalato dei movimenti sospetti da parte di miliziani palestinesi, senza ricevere la giusta attenzione da parte dei loro superiori. Le donne del resto sono state le principali vittime del pogrom terroristico del 7 ottobre, stuprate dentro le loro case, violentate fra i cespugli del deserto del Negev, esposte come trofei di carne sulle auto dei miliziane e giustiziate senza pietà. E che adesso le donne soldato diventino preziosa moneta di scambio per il rilascio dei prigionieri palestinesi con pendenze penali superiori ai 20 anni di carcere, la dice lunga sulla follia di un calcolo, e su una logica di guerra che porta a ribaltare il valore stesso delle creature umane. Le donne valgono di più nello scambio perché erano bersagli privilegiati nella carneficina.

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