Romano Prodi
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L'analisi/ Nessuno può trattare da solo con la Cina

di Romano Prodi
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Sabato 11 Maggio 2024, 00:19

Quando di un vertice internazionale se ne parla di più prima che questo avvenga, di quanto non se ne parli dopo, significa che i frutti dell’incontro non sono stati abbondanti. E’ quanto è avvenuto nel colloquio fra il Presidente francese Macron e il Presidente cinese Xi Jinping. Molte espressioni di amicizia, tanti ricordi di storia passata ma, nella sostanza, pochi passi in avanti anche sotto l’aspetto puramente commerciale.

Si attendevano risultati concreti per massicci acquisti di Airbus da parte della Cina e qualche freno nei confronti delle minacciate guerre commerciali da parte francese, ma non è accaduto nulla, salvo la promessa di una maggiore apertura nei confronti dell’esportazione del Cognac in Cina. D’altra parte lo stesso copione era stato scritto nell’incontro di poche settimane fa fra il Cancelliere tedesco e lo stesso Presidente cinese. In quel caso i deboli accordi si erano concentrati non sugli alcolici ma sulla carne suina e bovina, nonostante l’imponente mole del commercio e degli investimenti esistenti fra la Germania e la Cina. Nulla è quindi avvenuto rispetto all’obiettivo, manifestato dallo stesso Xi, di una maggiore apertura del mercato cinese in cambio di una rinuncia a nuovi blocchi commerciali da parte europea.

Tutto questo dimostra quanto le tensioni internazionali abbiano deteriorato rapporti che, qualche anno fa, sembravano potere arrivare a compromessi positivi per entrambe le parti. Con questi scarsi risultati, sia da parte tedesca che da parte francese, si dimostra, con ancora maggiore evidenza, che ogni singolo paese europeo non è in grado di portare avanti una politica autonoma, data la propria debolezza di fronte ai grandi interlocutori come la Cina e gli Stati Uniti. L’idea che la Francia, come ha spesso ripetuto Macron, possa giocare il ruolo da potenza di equilibrio mondiale appartiene solo al passato, e forse neanche a questo. E’ vero che, nei colloqui dell’Eliseo, ha preso parte anche la presidente della Commissione Europea, ma si è trattato di una presenza di pura cortesia, tanto da sottolineare più la marginalità dell’Europa che non il ruolo di protagonista.

Riguardo alla guerra di Ucraina, Xi ha rinnovato il suo ripetuto impegno di non fornire armi alla Russia e Macron ha ripetuto a Xi la richiesta di usare tutte le sue leve per contribuire alla soluzione del conflitto. Nulla di nuovo quindi anche rispetto a questo drammatico evento, nonostante la Cina abbia oggi leve sufficienti per spingere la Russia verso un accordo e l’amicizia senza riserve nei confronti della Russia non sia da tutti condivisa a Pechino. Rimane solo sul tavolo la richiesta francese, finora senza risposta, di un’ipotetica tregua durante il periodo delle Olimpiadi che inizieranno a Parigi nel prossimo luglio.

Tutte queste manifestazioni di lontananza non sono certo casuali in quanto la distanza fra la Cina e l’Occidente è negli ultimi anni aumentata, non solo nel campo politico ed economico, ma anche sotto l’aspetto degli scambi scientifici e culturali, a cominciare dall’insegnamento della lingua inglese nelle scuole cinesi che, dopo anni di continua crescita, è entrato in una fase discendente, come per sottolineare un aumento della distanza e della diversità.

Una migliore accoglienza ha avuto il passaggio di Xi in Serbia, dove è stato solennemente celebrato il venticinquesimo anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado da parte degli Stati Uniti: un’occasione per ribadire la propria avversione alla Nato e allontanare la Serbia da un possibile accordo con l’Unione Europea.

Un monito per noi sul fatto che la politica non tollera il vuoto e che, quindi, se non prepariamo una strategia europea per i Balcani, qualcun altro vi provvederà.

Di forte significato politico è stata l’ultima tappa del viaggio europeo, con destinazione l’Ungheria di Orbán, dove il Presidente cinese ha compiuto un vero e proprio affondo, mettendo a nudo le esistenti debolezze e divisioni della politica europea. Ha infatti esplicitamente lodato il Primo Ministro ungherese per la sua politica di indipendenza nei confronti dell’Unione Europea, della quale l’Ungheria è membro e dalla quale ha ottenuto enormi benefici. L’obiettivo cinese, da sempre applicato nelle guerre economiche e politiche, consiste nel dividere l’avversario in modo da renderlo più debole. Tuttavia coloro che considerano le parole di Xi in Ungheria come un tentativo di frammentare l’Europa sono destinati a essere delusi proprio perché i vantaggi di cui l’Ungheria ha goduto e gode nell’essere membro dell’Unione fanno sì che il distacco non avverrà mai, soprattutto dopo le non certo positive conseguenze della Brexit persino nei confronti di un paese robusto come la Gran Bretagna.

Tutti i tentativi di dividere l’Europa (come la precedente proposta cinese dei 17+1) possono solo avere il risultato di allontanare, o rendere impossibili, i compromessi che sono invece necessari anche nei periodi di maggiore tensione politica.

Per tutti questi motivi ritengo che il viaggio di XI Jinping non abbia portato i risultati che si proponeva. Esso ha tuttavia fornito un doppio insegnamento. Al governo cinese che è troppo tardi per dividere l’Europa. Ai paesi europei che, di fronte a ogni controparte, è necessario presentarsi uniti. Rispettando queste due regole elementari sarà possibile costruire in futuro un rapporto utile sia all’Europa che alla Cina. Anche dagli errori si possono quindi trarre utili indicazioni per i comportamenti futuri.

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